Responsabilità medica: la Cassazione torna sull’onere probatorio della struttura sanitaria
In particolare, conformandosi a un orientamento ormai consolidato e cristallizzato dalla recente legge Gelli (che ha fugato ogni ipotetico dubbio sulla natura contrattuale della responsabilità della struttura sanitaria), i giudici della terza sezione hanno confermato che il paziente danneggiato, attore, che chiede alla struttura il risarcimento del danno da responsabilità medica è tenuto a dimostrare esclusivamente l’esistenza del contratto e l’insorgenza o l’aggravamento della patologia e ad allegare l’inadempimento del debitore astrattamente idoneo a cagionare il danno che si lamenta.
La vicenda
Nel caso di specie, la Corte d’appello di Reggio Calabria, riformando la decisione del giudice di prime cure, aveva accertato la responsabilità per inadempimento contrattuale di un’azienda ospedaliera, in conseguenza dell’asportazione totale di un rene cui era stata sottoposta una paziente dopo che le era stato diagnosticato da un sanitario una neoplasia, senza che però, prima dell’intervento, l’indagine diagnostica fosse stata approfondita con l’esecuzione di un esame bioptico estemporaneo.
L’azienda ospedaliera si era quindi rivolta alla Cassazione, lamentando che le risultanze della c.t.u. utilizzata ai fini della decisione non permettevano di accertare l’incidenza eziologica della omessa diagnosi sull’asportazione totale del rene.
Il criterio della prevedibilità oggettiva
L’accertamento della relazione eziologica in caso di mancata attuazione di una condotta dovuta, infatti, va svolto utilizzando un criterio di prevedibilità oggettiva e quindi verificando se il comportamento omesso era o meno idoneo a impedire l’evento dannoso.
Tale criterio è quello cui, correttamente, si è conformata la Corte d’appello nel caso di specie, accertando che l’esame bioptico omesso era in realtà necessario per confermare o escludere la neoplasia ed evidenziare eventuali diverse patologie. Si trattava, insomma, di una condotta eziologicamente rilevante rispetto alla scelta terapeutica.
Ciò posto e considerato, alla luce di quanto detto in tema di onere probatorio, che la struttura non aveva dimostrato che l’esecuzione della biopsia avrebbe in ogni caso dato un risultato negativo per diagnosi di infezione o un dato non oggettivamente interpretabile come di pielofrenite xantogranulomartosa, la responsabilità dell’azienda ospedaliera deve quindi essere confermata.
Corte di cassazione testo sentenza numero 24073/2017